Il lavoratore indotto alle dimissioni da colpevole comportamento dell’INPS ha diritto al risarcimento del danno

19 novembre 2018

La suprema Corte (da ultimo Cass. 20086/2018, ma nel solco di precedenti Cass.23050/2017 e 8604/20165), ha affermato che il lavoratore indotto alle dimissioni da colpevole comportamento dell’INPS ha diritto al risarcimento del danno.

Ai sensi dell’art. 54 L. 88/1989, l’Istituto ha l’obbligo di comunicare all’assicurato che ne faccia richiesta, i dati relativi alla propria situazione previdenziale e pensionistica configurandosi responsabilità contrattuale nel caso di inosservanza che generi danno.

La pubblica amministrazione è gravata - anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. (Cass., 10 dicembre 2002, n. 17576) - dell’obbligo di non frustrare la fiducia di soggetti titolari di interessi indisponibili, fornendo informazioni errate o anche dichiaratamente approssimative. Informazioni di tale natura devono ritenersi non conformi a correttezza, in quanto rese da enti pubblici dotati di poteri di indagine e certificazione, nonché incidenti su interessi al conseguimento e godimento di beni essenziali della vita, come quelli garantiti dall’art. 38 della Costituzione.

Tale situazione ricorre in qualunque ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione fornisca notizie o comunicazioni errate relative alla posizione di un amministrato e, dunque, pure nel caso che, sebbene non sia richiesta (e rilasciata) una vera propria certificazione L. n. 88 del 1989, ex art. 47, informazioni relative alla posizione di un assicurato siano contenute in un altro documento rilasciato dalla P.A.

È stato recentemente affermato che nell’ipotesi in cui un ente previdenziale, avente personalità giuridica di diritto privato, comunichi ad un proprio assicurato un’informazione erronea in ordine all’avvenuta maturazione del requisito contributivo occorrente per poter fruire della pensione di vecchiaia, pur non essendo applicabile l’art. 54 della legge 9 marzo 1989, n. 88, il quale pone a carico dell’INPS l’obbligo di comunicare agli assicurati l’entità dei contributi versati, merita nondimeno tutela, ai sensi dell’art. 1175 cod. civ., l’affidamento dell’assicurato, essendo altresì gli organi degli enti previdenziali privati, per l’attività di amministrazione e di gestione svolta, in possesso di dati e di conoscenze, che comportano la titolarità di poteri e di connessi doveri, anche di comunicazione, da esercitare con diligenza. Ne consegue che grava sull’ente previdenziale l’obbligo di risarcire il danno derivato dall’erronea comunicazione e dalla conseguente decisione dell’assicurato di cessare la propria attività lavorativa.

Il risarcimento che potrà essere quantificato in un importo commisurabile a quello delle retribuzioni perdute fra la data della cessazione del rapporto di lavoro e quello dell’effettivo conseguimento della data di pensione, in forza del completamento del periodo di contribuzione a tal fine necessario.


File PDF